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Antonio Gramsci definì il sorgere delle prime  articolazioni del movimento fascista come “il popolo delle scimmie”: un popolo strano, che schiamazza forte, incontrollato e senza regole, mimetizzandosi fra gli ultimi della terra. Così “il proprietario, per difendersi, finanzia e sorregge una organizzazione privata, la quale per mascherare la sua reale natura, deve assumere atteggiamenti politici “rivoluzionari” e disgregare la più potente difesa della proprietà, lo Stato”. Per l’analisi di Gramsci si tratta del servilismo piccolo borghese nei confronti del grande capitale. Servono zone incontrollate, brutali, per ristabilire la libera circolazione dello sfruttamento. Per questo servono abiti adatti per confondere una controrivoluzione durante una rivoluzione.

Da quel 2 gennaio del 1921 a oggi molto è cambiato, eppure rimane una costante: il neofascismo globale continua a caratterizzare la propria comunicazione in maniera mimetica.

Questo blog vuole essere un contributo all’analisi comunicativa dei percorsi più ambigui e paraddossali della reazione, partendo dal presupposto che il germe solido su cui le narrazioni identitarie crescono non è che l’identità condotta a simulacro perenne. Proprio per questo abbiamo deciso di focalizzare il nostro campo d’indagine sugli identitarismi piuttosto che sul neofascismo, per cogliere uno spettro che dal nazionalismo passa ai sovranisti di ogni genere, mentre promuove pratiche di pensiero dietrologiche, atomizzanti e ammantate da una retorica sempre più radicale.

ilpopolodellescimmie è quindi un osservatorio sui meccanismi della comunicazione identitaria e sulla possibilità che questi possano perfino riprodursi in ambienti non sospetti.

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