Archivi categoria: Ultrà

La pista anarchica

E torniamo, dopo una breve pausa meditativa, con un ottimo articolo di Mazzetta e una pessima notizia da Fermo. Sembra infatti che nella simpatica città marchigiana le forze di sicurezza chiamate carabinieri confondano ancora i terroristi di destra con gli attivisti di sinitra. E i giornali naturalmente seguono con malizia la scia dei gorilla in uniforme.

anarcoultrà

Di seguito l’articolo di Mazzetta.

È quasi imbarazzante commentare la notizia di due persone definite dal Repubblica «ultrà anarchici» in un pezzo confuso che mescola l’incredulità alla versione ufficiale data dalle autorità. Si dice infatti che «L’eversione, al momento, sembra l’unico movente» intendendo con il termine l’eversione anarchica, anche se il pezzo riferisce di come i due arrestati facessero riferimento allo stesso gruppo di «ultrà» d’estrema destra al quale appartiene Amedeo Mancini, l’estremista di destra che ha ucciso Emmanuel Chidi Namdi e che abitualmente andava in giro per la città insultando le persone di colore o tirando loro noccioline. Per sua stessa ammissione.

Circostanza che fa scrivere: «Non è un caso che i due eventi, così diversi tra di loro, siano però nati nello stesso ambiente, quello del tifo organizzato e dell’eversione.» I due arrestati infatti mettevano bombe contro le chiese e i centri d’accoglienza per gli immigrati e la matrice di questo tipo di terrorismo pare evidente a tutti in città e fuori. I carabinieri però non sono della stessa idea e hanno concluso che i due estremisti di destra siano in realtà «anarchici», due persone per le quali il movente non sarebbe il razzismo, ma «l’attacco all’ordine costituito». Proprio la fede nell’anarchia, nemmeno «la loro assoluta dissennatezza», come ha detto poi il procuratore in televisione, sconfessando la pista «anarchica» insieme a quella xenofoba radicata nell’estrema destra. Dichiarazione che non ha impedito a Rainews, che ha mandato in onda l’intervista, di definire comunque i due arrestati come «ultrà anarchici» nei titoli. Come si sia giunti a identificare per anarchici i due estremisti di destra è spiegato nell’ultimo paragrafo del pezzo, che merita una lettura integrale. Ma ecco il capolavoro:

E non è un caso che Emmanuel Chidi Namdi fosse ospite della comunità di don Vinicio, la stessa a cui erano in qualche maniera collegate le chiese oggetto degli attentati. Gli arrestati hanno entrambi 36 anni e vivono di lavori saltuari. Secondo le prime indiscrezioni, sarebbero in qualche modo legati ad Amedeo Mancini, in carcere per l’omicidio del profugo nigeriano. Uno dei due sarebbe una sorta di ideologo, convertito dai valori ultrà di destra a quelli anarchici. In casa dell’uomo i carabinieri hanno trovato e sequestrato alcuni libri che testimonierebbero questo passaggio e gli orientamenti ideologici dell’indagato. In questo contesto avrebbe maturato la decisione di colpire l’ordine costituito, scegliendo in particolare le chiese. Sarebbe stato lui a dare incarico all’altro fermato di confezionare gli ordigni che avrebbero poi materialmente posizionato insieme nei luoghi da colpire.

L’altro «anarchico» è un altro estremista di destra che ha seguito le indicazioni dell’amico «anarchico» non si sa perché. Un estremista di destra capace di costruire ordigni pericolosi e disposto a farlo più volte. La «pista anarchica», tradizionale risorsa italiana, in questo caso può essere evocata solo con estremo sprezzo del ridicolo e infatti il procuratore ha evitato di proporre questa interpretazione a favor di telecamere. E se mai fosse vera sarebbe davvero notevole, gli anarchici che mettono bombe contro le chiese, quasi come l’ISIS, una notiziona. Resta che giornali e telegiornali stanno facendo i titoli con gli «anarchici» mentre a Fermo operava una cellula terrorista d’estrema destra, praticamente alla luce del sole e nell’indifferenza delle istituzioni. Che ora hanno evidentemente tutto l’interesse a negare che nella piccola città marchigiana si sia lasciata mano libera a estremisti tanto pericolosi.

Dalle curve nascevano gli strilloni

Reiterare la notizia sui tifosi dell’Hellas Verona (che sabato 20 ottobre hanno rivolto insulti, accompagnati da simbologia nazifascista, al giocatore Piermario Morosini, morto in campo il 14 aprile 2012) ci permette di ricordare la questione “tifoserie e influenze politiche“.

Non intendiamo sintetizzare qui nè certi approcci di rivalutazione antropologica del fattore curve, nè alcune apologie in seno al movimentismo, anche di sinistra. Ci interessa invece una cronistoria lampo per interrogarci sul futuro dell’iniziativa fascista.

L’intervento dei movimenti della destra estrema sulle curve dei tifosi italiani ha inizio ancora negli anni del riflusso. Anni in cui i terroristi bruni sono costretti all’esilio, alla fuga verso lidi tranquilli in cui poter prescrive crimini atroci. Il contenitore curva, per chi restava, sembrava forse, in pendant con il fenomeno bonehead, un’ottima incubatrice dove far ricrescere l’identitarismo di strada. Nel corso degli anni si sono così accavallati scontri, assalti a caserme, pogrom e aggressioni mirate. Nel frattempo la risposta statale si è avvalsa di nuovi e antichi dispositivi di controllo sociale: dalle tessere del tifoso alle recinzioni preventive. L’elemento tifoseria italiano sembra così oggi in gran parte costretto fra le maglie della destra fascista (critiche a parte nei confronti di un certo tipo d’identitarismo fra le tifoserie a sinistra), agglomerato subculturale formato sui richiami localisti prima, nazionali poi.

L’utilizzo di questi “guerrieri”, allenati in campo, sembra però sempre meno centrale nell’economia generale delle città (fatta eccezzioni per alcuni casi in cui la tifoseria di casa, nella reazione generale, diviene cultura). Le nuove generazioni vengono infatti culturizzate e iniziate con la cinghiamattanza. A chi restano le sottoculture fasciste degli stadi? Rimarranno un parallelo tragico gestito dai vecchi camerati? O saranno lasciate in balia delle frange più naziste, frange che dello scontro fisico hanno fatto materia prima, come FN?

A.C.A.B.

La scritta internazionale A.C.A.B. (All cops are bastards) viene risemantizzata nel suo doppio significato altrettanto internazionale All Communist are bastards. In questo senso prosegue il lavoro sotterraneo sulle tifoserie iniziato ancora negli anni ’80. La scritta in questione risulta quindi, in acronimo,  simbolo d’unione fra le tifoserie di destra e sinistra unite dal comune odio verso la polizia ma con significato duplice solo per il mondo identitario.