Si può percepire il discorso «femminile» del neofascismo come passo obbligato di fronte al «discorso femminista» sviluppatosi negli anni ’60. Rivelandosi buon costume per propagandare al genere più escluso dal fascismo alcuni stralci dell’ideale di sansepolcrista memoria, al femminismo e la sua esasperata ricerca di «un’autodeterminazione dissoluta del proprio corpo», le donne fasciste oppongono i «veri valori della femminilità»: ovvero l’antico ruolo della donna, «padrona del focolare» e punto nevralgico del nucleo familiare. Nella foto la donna-oggetto e la donna-madre nella versione militante più alternativa: quella di Resistenza Femminile gruppo organico agli Autonomi Nazionalisti.