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Né carnefice né vittima

Del post-anarchismo poco è conosciuto. Nella nostra penisola poche compagne e pochi compagni ne conoscono autore, ai più non competono poi gli strumenti (per lo più post-strutturalisti) complessi e difficili da articolare.

ONFRAY Il post-anarchismo spiegato a mia nonna_COVER.indd

Il manifesto di Onfray ha però ben poco di analitico. Offre invece un’inaspettata voce vibrante a una teoria fin troppo relegata, da occhi inesperti, al calcolo umanistico o al relativismo prospettivista. Offre insomma una personale e vivace nota di colore al nuovo modo del fare anarchico negando, palesemente, la questione dell’essere anarchici nel contemporaneo. Il post-anarchismo non è un neo-anarchismo, se non nella misura in cui andrà a sostituirsi ai suoi precedenti teorici. Il post-anarchismo, ci avverte l’autore, trova la sua radice in tutti i pensieri anarchici (Godwin, Proudhon, Stirner, Michel, Fourier, Bakunin, Krpotkin, Thoreau, Reclus, Faure, Jacob, d’Axa, Pouget, Armand, Machno, Pelloutier, Volin, Malatesta, Ryner, Devaldes, Goldman, Lecoin e gli anarco-sindacalisti) ricavandone il meglio, digerendone le contraddizioni dovute , anche, ai tentativi totalizzanti di cogliere, attraverso una sola e completa Teoria, vita e morte dell’essere sociale. Nonostante questo i pensieri anarchici, e così il movimento da loro immaginato, sono stati fra i più fecondi e sperimentali fenomeni a cavallo della seconda metà dell’ottocento e la prima del novecento. Per questo il manifesto per la nonna di Onfray è da considerarsi come post-anarchico: non si nega l’anarchismo precedente, se ne afferma un altro, già vivo nel precedente.

Continuando a camminare sulla linea del tempo possiamo immaginare che le due guerre, l’egida più autoritaria del marxismo e l’ignobile persecuzione subita in ogni dove abbiano ridotto all’osso un movimento che, dal dopoguerra, dovette occuparsi di ricostruire la propria identità, la storia e la memoria dei suoi pensieri.

Gli anarchici furono sempre più considerati ortodossi burocrati conservatori di un tempo che fu. E il ’68 di questo accusava spesso i rivoluzionari rossoneri. Così lo stesso pensiero post-strutturale si trovò spesso a formulare dei j’accuse piuttosto duri, capaci di considerare l’anarchismo come il più “razzista “fra tutti i movimenti socialisti (v. “Bisogna difendere la società” di Michel Foucault), troppo legato all’impatto identitario in certune occasioni.

Onfray ci racconta la sua vita, narra una storia parallela a questa tensione anarchica e sessantottina, affinità e paure, contrapposizioni e diffidenze fra due pensieri così vicini e sempre incompresi.

Ma ciò di cui dovremmo forse renderci conto oggi è che nel post-anarchismo non troviamo un semplice lavoro di ricerca relegato all’avanguardismo accademico, marxista o situazionista come nel ’68. Lo strumento post-anarchico è necessario, perchè specifico e in linea con l’epoca di convergenza delineata oggi da Newman (la critica anti-capitalista di stampo libertario in continua crescita) e perchè si prefige come strumento politico ‘pop’: vuole diffondersi nel movimento, vuole scorporare l’idea del Movimento, vuole riattivare una critica nel presente, una critica che sia anti-filologica.

ilpopolodellescimmie (fra le sue varie anime) è anche questo: un laboratorio dove la critica anti-identitaria non cerca un Nemico (lo Stato, la Polizia, il Fascismo), quanto un approccio micro-politico e radicalmente anarchico alla vita e al suo divenire altro.

Divertiti sì dal dipingere (ogni qualvolta ci capiti) i grossi bradipi identitari, ricerchiamo in essi le costanti risposte da evitare e gli strumenti più adatti per combatterli dentro e fuori il nostro contesto umano e non.

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Marco Aime – La macchia della razza

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Un testo in forma di lettera indirizzata ad un bambino che si trova il dito sporco di inchiostro, ma non per gioco: «una macchia che non è solo quella del tuo dito, è sul tuo volto, sulla tua anima. E’ la macchia della razza».
Pubblicato per la prima volta nel 2009 per Ponte alle Grazie, Eleuthèra ripropone quest’anno un libro di Marco Aime, tremendamente attuale, che ci pone di fronte alle tante contraddizioni che la politica della paura, della tolleranza zero pone sul tavolo. E’ la macchia della razza! Nessuno è razzista, «non è nel nostro DNA», dice Maroni. E si che «non è facile essere razzisti, negando di esserlo», ma lui ci è riuscito. Una lettera che è un grido di rabbia nei confronti di una società contraddittoria, capace di cancellare la propria memoria, finendo così ad usare le stesse discriminazioni che un tempo furono per gli italiani. Un tempo nemmeno troppo distante, se poi si pensa a quel piatto di spaghetti con un pistola sopra, finito in copertina di un noto settimanale tedesco, a cui, però, ci si è ribellati.

Marco Aime, antropologo vissuto, scrive dunque una lettera piena di passione, una riflessione feroce sull’ipocrisia di chi si rifugia nella paura di un bersaglio debole e facile da identificare, su chi usa questa paura per dei voti perché, se “i calabresi”,”i siciliani” che finivano nei titoli negli anni Sessanta potevano votare, oggi i “senegalesi”, gli “albanesi” etc. non possono e quindi sono soggetti che si possono colpire.
Aime, ci mostra la nostra violenza, quella che non è mai “razzismo”, quelle aggressioni, come Nicola Tommasoli a Verona nel 2008, che non sono “politiche”, sono aggressioni di qualche balordo, verso cui non si invoca mai la tolleranza zero. Non troveremo mai dei titoli di giornale che recitano:

“Maniaco padano violenta una minorenne marocchina”

“E’ nell’indole degli adolescenti siciliani uccidere e violentare”

Ragazzi veronesi delinquenti per cultura

“Coppie di Erba propense a uccidere i vicini di casa”

L’unica cosa che troviamo è la nostra paura, che crea degli spettri fittizi, a cui è facile aggrapparsi e su cui è facile accanirsi.

TrentoAnomala

Lunedì 17 dicembre siamo stati ospiti del Collettivo di Sociologia TrentoAnomala che qui ringraziamo per l’organizzazione dell’evento e per la sua rilevanza nel panorama “desertificato” della lotta antifascista in “triveneto”.

Oltre a noi è stato invitato un compagno di Roma che ha presentato, attraverso un’accurata analisi, la situazione sociale, politica e volgare del fascismo non solo romano.

Una serata importante (viste anche le recenti aggressioni avvenute a Trento il 20 novembre) per comprendere il ruolo del fascismo e così dell’antifascismo. Fonte di dibattito intenso e costruttivo, incontri di questo tipo aiutano a meglio comprendere i punti deboli nella nostra capacità di creare reti solidali efficaci. Così la sempiterna e fondamentale esperienza ricevuta è ciò che di meglio si poteva scambiare.

No pasarán.

 

 

Noblogs

Ci siamo felicemente spostati su noblogs.org.

Confusioni tecniche permettendo procediamo come sempre di settimana in settimana. Per l’occasione abbiamo aperto la sezione ilcomplottodellescimmie (alias risatecheseppelliscono) sulla nostra pagina facebook  dove proponiamo la nostra boutade sul caso Pussy Riot.

Andiamo avanti così, facciamoci del bene!

Giù la maschera fascisti!

Pochi i punti fermi, fra i vari: smascheriamoli! E nudizziamoli anche sul campo più riuscito del neofascismo contemporaneo: il social network.
Incredibile a dirsi ma il numero di pagine razziste, nazicomplottiste e qualunquiste (a destra) ha oramai raggiunto un traguardo incredibile. Alcuni movimenti antifascisti, refrattari al 2.0, non si interessano alla questione. Altre denunciano il problema e i suoi possibili effetti. Il dato preoccupante rimane infatti la ricaduta dell’informazionismo neofascista sul quotidiano: parole d’ordine, partiti “anticasta” regolarmente registrati, esperimenti e depistaggi movimentisti che prendono forma, per quanto marginale, nelle nostre città e durante le manifestazioni.
Dal web non si fugge. Controllato, alienante o fine a se stesso crea comunque un reale. Per questo abbiamo pensato, forse a torto, d’introdurre il nostro vaccino su facebook.
Che l’utopia ci perdoni!