Un ministro della sovversione

172750641-6685b910-0ab1-4bc3-bb09-efb6fc3f7784 (1)Il Movimento 5 Stelle aveva dichiarato i suoi intenti: rivoluzione! Non si sa bene come e quando, ma rivoluzione doveva essere. Ora che in parlamento non si vogliono schierare per non scendere a far parte del teatrino politico (o più semplicemente della politica rappresentativa che porta con sè i compromessi) sono costretti a far vedere ai propri elettori uno dei peggiori governi della storia repubblicana. Ma non tutto è perduto, perché in mezzo al marasma cattolico e berlusconiano, un barlume di luce sembra davvero offrire gli spiragli di una rivoluzione. Una rivoluzione, intendiamoci, in senso lato: democratica e borghese. Ma un qualcosa che in Italia è radicale e non populista, qualcosa che è necessario fare per sovvertire alcune strutture culturali costruite su stereotipi mediatici lunghi decenni.
Stiamo parlando di Kyenge, neoministro all’integrazione. Nel suo ruolo parla di ius soli e abolizione del reato di immigrazione, parla di un Italia non solo agli italiani perché ormai non è possibile pensare all’interno di schemi identitari e xenofobi, credendo in tal modo di salvaguardare il proprio status economico.
E’ questo il linguaggio della vera rivoluzione che oggi ha la possibilità di affermarsi. Gli immigrati sono la categoria sociale più bistrattata, sfruttata, offesa, sono dei nessuno senza stato, odiati, girovaghi per il mondo e che in Italia mal li digerisce. Eppure i dati parlano chiaro. Un rapporto caritas migrantes del 2010 sottolineava come gli immigrati producessero più del 10% del PIL, in pratica “ci pagano la pensione”(1). Ma anche oggi l’immigrazione sembra avere risultati benefici sull’economia. Ma se non è possibile calcolare con precisione l’impatto reale, e in tutta la sua portata, dell’immigrazione, certo è che l’immigrazione dei cervelli (verso l’Italia) è una ricchezza e non un furto(2). Ma anche sul versate meno aulico diversi studi mostrano che lo stereotipo dell’immigrato che ruba lavoro e danneggia l’economia, è totalmente falso (3). Ma intanto a chi è facile a questi cliché, che li usa per legittimazione politica, per aizzare un popolo contro il cattivo, mentre la complessità del reale è molto più difficile da districare, se ne frega dei dati. A questi basta un discorso semplice, un capro espiatorio, e il resto viene da sè, da sentimenti selvaggi, da emozioni che trascendono il ragionamento. Il ministro Kyenge in questo senso è sovversivo, forse è arrivato il momento di rompere definitivamente questo mega-mostro per aprirsi invece ad una realtà maggiormente diversificata, meno paurosa e più aperta. , chissà che non ci sia il tempo di capire la ricchezza della diversità culturale.

(1)Riccardo itaglianò, Grazie, chiarelettere, 2010

(2) http://www.unipd.it/ilbo/content/se-l%E2%80%99immigrazione-diminuisce-e-un-problema-anzitutto-l%E2%80%99economia

(3)chttp://d.repubblica.it/dmemory/2013/02/09/attualita/attualita/060eur82760.html

 

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