Archivi categoria: Parafascismo

100% animalari

Riprendiamo una nota leggera per ricordare l’invadente presenza dell’ecofascismo in campo animalista. Il nostro compito riguarda difatti anche la capacità di archiviare, rendere coerente un percorso genealogico e di sintesi della zona bruna.

100% animalisti è un’organizzazione ispirata all’ecofascismo (legato a Paolo Mocavero), nata nel 2003, tra i più efficaci esperimenti parafascisti: ricuce infatti, sotto lo slogan qualunquista dell’antipolitica, razzisti nazifascisti e cittadini comuni legati alla filosofia antispecista.

La simbolica si adatta bene al percorso padovano (ove si ramifica il movimento) scivolando fra l’immaginario piratesco dei centri sociali del nord-est e il colore nero prelevato, dai fascisti più in generale, all’anarchismo.

Traditi solo dal concetto di Unica Cultura (volontà egemonizzante rivolta agli altri gruppi animalisti più che all’opinione pubblica) si promettono dunque come “apolitici” e difensori delle “minoranze” secondo una prospettiva, di hitleriana memoria, secondo cui il concetto di Natura assume quel carico di sacralità proprio di una religione fanatica più che di un movimento di liberazione.

Per queste persone la liberazione animale va intesa come esperienza totale distaccata da qualsivoglia metodo di liberazione. Si tratta di una fede, un’incapacità di connettere la propria azione al ragionamento sulle conseguenze e i legami con altre sfere della vita (lotte sociali, lavoro, forme di consumo ecc. ecc.). Queste ultime appartengono al singolo, dicono loro. Scelte individuali che non devono attraversare il percorso comune che li unisce. Il totem animale sembra quindi l’unica immagine su cui concentrarsi.

Catena Umana

La critica da parte dei nazionalismi alla Comunità Europea si è negli ultimi anni focalizzata sul Trattato di Lisbona, il quale sancirebbe la totale rinuncia alla Sovranità Nazionale da parte dei singoli paesi, abbandonandoli in questo modo in balia dei poteri forti. Allo stesso modo viene indicato nel Trattato di Velsen e nella costituzione dell’Eurogendfor un inaccettabile attacco alla Sovranità Militare.

L’Eurogendfor (qui delucidata dal signoraggista Marra) offre al nazicomplottismo l’impasto necessario per raccontarci la cospirazione del New World Order e della nascita di una nuova dittatura sovranazionale delle banche (dittatura finanziaria). Immagine del mondo, più volte citata, basata sulla costruzione di invisibili stanze dei bottoni che solo un atto di fede potrà contrastare.

Catena Umana attorno al parlamento è un compost di riaffermazione della sovranità militare e nazionale italiana.
Sovranità militare nel momento in cui attacca l’Eurogendfor, millantando il pericolo di un possibile scioglimento dell’arma dei carabinieri, e suggerisce che la sua creazione sia frutto di un complotto di massonica memoria.
Sovranità nazionale nel momento in cui l’antiparlamentarismo (fenomeno anticasta) assume i connotati del qualunquismo politico (nè destra nè sinistra) unito agli indignati proclami contro il mitico 1% ritradotto in salsa NWO (i politici come magma di inutili galoppini irresponsabili al soldo dello straniero). Si tratta di una retorica che non ha certo giovato alla costruzione di una alfabetizzazione politica per le nuove generazioni, tutte pronte a contrastare le dinamiche del capitale con la costruzione di fantasmagorici o riduttivi capri espiatori.

Ci troviamo davanti all’ennesimo movimentucolo nato dall’incultura virtuale, “de panza”, sincero a tratti: sfoggia infatti un’iconografia anarcoide tratta dall’immaginario anarchico ed antitotalitario di V di Alan Moore ma promette un nuovo luddismo più incline al revanscismo nazionalista che alla vendetta popolare.

Creazione di Forza Nuova, che per il 29 settembre 2012 ha forse deciso di rinforzare con orde di ingenui la sua presenza in tutta Italia, o iniziativa di pochi balordi in malafede poco importa. Alimenta comunque quel fiume di oblio e monoteismo antitetico alla costruzione di un reale movimento politico.

La colpa, che non va certo ricercata nella critica tecnofobica al 2.0 (nonostante, ammettiamo, l’invitante prospettiva), risiede piuttosto in quello spazio vuoto lasciato ora alla retorica qualunquista: più cresce, più il pericolo di una virata reazionaria si fa vicino.

Il pugno in pugno

Lo strano saluto del neonazi Anders Bhering Breivik, cartuccia esplosa troppo presto in Norvegia, riconduce al diffuso e rapito elemento del pugno nella simbologia politica di sinistra.
Il saluto a pugno chiuso é simbolo plastico d’intimidazione creato nel 1924 dal dadaista John Heartfield come saluto d’ordinanza che, nei movimenti della sinistra rivoluzionaria, rappresenta l’unione dei lavoratori (fragili se divisi, come le dita di una mano) in grado di spezzare l’opposto saluto fascista. Negli anni a venire sarà diffuso come formula di riconoscimento e rivendicazione di lotta degli oppressi e, se adottato anche dal Black power negli anni ’60 (il pugno chiuso a capo chino), passerà anni più tardi ad uso e consumo del White power come simbolo camuffo per l’egemonia della razza bianca. Breivik, da buon identitario, non riconoscerà mai il tributo tramite il quale omaggia il movimento dei lavoratori e degli oppressi proprio perchè, da scimmione fascista, pensa che ogni cosa sia scaturigine di un’unica Tradizione direttamente connessa al suo eterno spirito.
Breivik usa il metodo Stanislavskij: imita per confondere, ma anche imita e si confonde.  Teatrino divelto.

Carica dei Che – (2) Che Pound

Ecco un’altra misera produzione della brutalità culturale nazifascista: Casa Pound e l’amore per il rivoluzionario comunista Ernesto Che Guevara.
È per “la morte in combattimento” il morboso interesse dei sempiterni guerrieri neofascisti. E allora ci racconteranno ancora una volta che il Che era un umanista e le loro pure sono battaglie “sociali”; e poi che nella guerriglia contro l’Imperialismo americano si forgia l’uomo in eterno conflitto contro il meticciato, per la difesa dell’Identità. Per i neofascisti di Casa Pound questo Che difende cameratescamente i Popoli oppressi dagli Americani, non il proletariato, i più deboli e le vittime dello squilibrato assetto capitalista. Che Guevara si trasforma in un vero guerriero, che della lotta di classe apprezza lo slancio spirituale. Agli occhi dei pop-reazionari Che Guevara, più che un ortodosso, é insomma un marxista tradizionalista.

Carica dei Che – (1) Che verde lega

Da oggi inziamo a collezzionare il volto più noto della Rivoluzione cubana ad uso e consumo della destra identitaria.

Elemento già mitizzato nell’immaginifico socialista degli anni ’70 viene poi recuperato da gruppi come Terza Posizione per esprimere una tendenza favorevole ai processi di liberazione popolare dell’America latina in senso antimperialista. Quell’antimperialismo che, dietro al lavoro di mimesi, nasconde la tensione antiamericana in senso antisemita ed antiliberale propria dell’universo razzista, xnefobo, fascista e reazionario.

Oggi tocca al partito Lega Nord ed all’orribile Che Guevara tinto in verde, colore proprio (come specificheremo) del fascismo internazionale.

Ceinturemassacre

La droite identitaire française ha cercato di compensare il gap di pratiche e stilemi con la promozione di un nuovo tipo di «ballo»: la cinghiamattanza, nell’originale francese ceinturemassacre. «Atto d’amore» compiuto durante i concerti di musica oi! e nazi-punk nei centri sociali di destra (o nefandamente promosso fra i ragazzini nelle strade e nelle scuole) definito «danza macabra che si fa tra i camerati». È una chiara ripresa del più conosciuto pogo nato dall’esperienza della musica punk anni ’70. Nello spirito originale consiste nel prendersi a spintonate in una disarmonica, quanto caotica, danza catartica (il «pogo») al di fuori di qualsiasi primordo di danza. La cinghiamattanza prevede invece una semplice ed apparente degenerazione: i soggetti, a tempo di musica, si prendono a cinghiate (di cuoio) provocandosi spesso ferite di notevole entità. L’espediente fa parte di una strategia piuttosto meschina per forgiare una giovanissima generazione, non avvezza al diretto squadrismo, nella pratica di futuri blitz su obbiettivi sensibili. Una violenza irrazionalmente legata al vecchio mito del carattere e  dell’addestramento, dimostrazione di ordine etico, che non riceve il suo valore finale se non dalla pubblicità che ne vien fatta. È il mito dell’uomo sano, vera lotta in un meccanismo di darwinismo sociale in cui scontrarsi e ferire significa riappropriarsi del proprio essere.