V

Bisogna avere un’abnorme faccia di bronzo per prendere il protagonista dell’opera di Alan Moore e farne prima un eroe semplicemente democratico ed antitotalitario (come nel film), poi sfruttarlo per la propria propaganda politica attraverso il riferimento al simbolo (v), la maschera di Guy Fawkes e il vocabolario rivoltoso.
Non ci riferiamo solo al movimento 5 stelle o al “nuovo luddismo” democratico dal sapore un po’ naif. Tra i grandi fruitori di V ci sono pure i neofascisti di Resistenza Nazionale, i catenari nazional populisti di Catena Umana Attorno al Parlamento Italiano e una serie infinita di micro esperimenti bruni.

Non vi bastava il 300 di Frank Miller?

Dalle curve nascevano gli strilloni

Reiterare la notizia sui tifosi dell’Hellas Verona (che sabato 20 ottobre hanno rivolto insulti, accompagnati da simbologia nazifascista, al giocatore Piermario Morosini, morto in campo il 14 aprile 2012) ci permette di ricordare la questione “tifoserie e influenze politiche“.

Non intendiamo sintetizzare qui nè certi approcci di rivalutazione antropologica del fattore curve, nè alcune apologie in seno al movimentismo, anche di sinistra. Ci interessa invece una cronistoria lampo per interrogarci sul futuro dell’iniziativa fascista.

L’intervento dei movimenti della destra estrema sulle curve dei tifosi italiani ha inizio ancora negli anni del riflusso. Anni in cui i terroristi bruni sono costretti all’esilio, alla fuga verso lidi tranquilli in cui poter prescrive crimini atroci. Il contenitore curva, per chi restava, sembrava forse, in pendant con il fenomeno bonehead, un’ottima incubatrice dove far ricrescere l’identitarismo di strada. Nel corso degli anni si sono così accavallati scontri, assalti a caserme, pogrom e aggressioni mirate. Nel frattempo la risposta statale si è avvalsa di nuovi e antichi dispositivi di controllo sociale: dalle tessere del tifoso alle recinzioni preventive. L’elemento tifoseria italiano sembra così oggi in gran parte costretto fra le maglie della destra fascista (critiche a parte nei confronti di un certo tipo d’identitarismo fra le tifoserie a sinistra), agglomerato subculturale formato sui richiami localisti prima, nazionali poi.

L’utilizzo di questi “guerrieri”, allenati in campo, sembra però sempre meno centrale nell’economia generale delle città (fatta eccezzioni per alcuni casi in cui la tifoseria di casa, nella reazione generale, diviene cultura). Le nuove generazioni vengono infatti culturizzate e iniziate con la cinghiamattanza. A chi restano le sottoculture fasciste degli stadi? Rimarranno un parallelo tragico gestito dai vecchi camerati? O saranno lasciate in balia delle frange più naziste, frange che dello scontro fisico hanno fatto materia prima, come FN?

Carica dei Che – (3) Che Nazi

Lo abbiamo presentato in versione verde Lega.
Abbiamo accennato all’amore che Casa Pound prova per le figure identitarie e come chiunque (anche tu che leggi) possa essere dipinto come tale. Mettiamo fine allo spettacolino organizzato attorno alla figura del rivoluzionario sottolineando due elementi fondanti questi ossimori immaginifici.
I gruppi nazifascisti del dopoguerra riprendono l’immagine del Che come ponte verso le lotte che vanno dalla generazione del ’68 fino ad oggi. Si tratta di presentare quel “differenzialismo” razzista (contro la società “multirazzista” e per la “difesa dei Popoli”) in veste postcolonialista, ammicando alle lotte d’emancipazione del Sud America sempre in un ottica “antimperialista”. Quel tipo di “imperialismo” dove gli U.S.A. rappresentano il tentacolare sistema di soggiogamento internazionale da parte della lobby giudaico-massonica.

L’evocazione di personaggi appartenenti all’opposizione dell’America Latina non muore certo con Che Guevara. Oggi più che mai sarebbe significativo concentrarsi sull’immagine del presidente venezuelano Hugo Chavez da parte della propaganda bruna.

Con questo triste saccheggio vogliamo denunciare ancora una volta le continue mietiture di uomini e donne.
Ne va della nostra immaginazione.

 

100% animalari

Riprendiamo una nota leggera per ricordare l’invadente presenza dell’ecofascismo in campo animalista. Il nostro compito riguarda difatti anche la capacità di archiviare, rendere coerente un percorso genealogico e di sintesi della zona bruna.

100% animalisti è un’organizzazione ispirata all’ecofascismo (legato a Paolo Mocavero), nata nel 2003, tra i più efficaci esperimenti parafascisti: ricuce infatti, sotto lo slogan qualunquista dell’antipolitica, razzisti nazifascisti e cittadini comuni legati alla filosofia antispecista.

La simbolica si adatta bene al percorso padovano (ove si ramifica il movimento) scivolando fra l’immaginario piratesco dei centri sociali del nord-est e il colore nero prelevato, dai fascisti più in generale, all’anarchismo.

Traditi solo dal concetto di Unica Cultura (volontà egemonizzante rivolta agli altri gruppi animalisti più che all’opinione pubblica) si promettono dunque come “apolitici” e difensori delle “minoranze” secondo una prospettiva, di hitleriana memoria, secondo cui il concetto di Natura assume quel carico di sacralità proprio di una religione fanatica più che di un movimento di liberazione.

Per queste persone la liberazione animale va intesa come esperienza totale distaccata da qualsivoglia metodo di liberazione. Si tratta di una fede, un’incapacità di connettere la propria azione al ragionamento sulle conseguenze e i legami con altre sfere della vita (lotte sociali, lavoro, forme di consumo ecc. ecc.). Queste ultime appartengono al singolo, dicono loro. Scelte individuali che non devono attraversare il percorso comune che li unisce. Il totem animale sembra quindi l’unica immagine su cui concentrarsi.

Una linea su Catena Umana Attorno Al parlamento Italiano

Torniamo brevemente sul progetto Catena Umana Attorno Al Parlamento Italiano per due motivi: si tratta di un fenomeno emblematico e dai risvolti quantomeno ambigui.

Non siamo più scettici sulla natura di questo movimento 2.0. Appoggiato prima dai Forconi di Morsello e Ferro, in seguito difeso dalla redazione di Lo Sai (che chiede di “nominare anche il problema della sovranità monetaria perchè se cambia la casta ma l’emissione resta a debito, la situazione rimane invariata”) e composto da figuri legati ad una cultura nazicomplottara, risulta chiaramente affiliato ai camerati di Forza Nuova. Paradigmatico quindi dal momento in cui rivela il potenziale dell’ultradestra in rete.

Resta l’enigmatico motivo che ha spinto un partito con così poche forze (fisiche ed intellettuali) ad organizzare questa pseudo-protesta in contemporanea altre 11 manifestazioni in tutta Italia. Forza Nuova sperava veramente in una nostrana Madrid indignata su cui far germinare contenuti populisti e nazionalisti? O forse si trattava di una strategia ben più meschina?

Una volta lanciata attraverso il social più famoso una manifestazione chiaramente fallimentare (sul modello neoanarchico diffuso in mezza europa) si potrebbe ottenere, con l’opportuno ausilio della stampa mainstream, un reazione di sfiducia nei futuri possibili aggregati di contestazione. Troppo dietrologico? Allora lasciamo decantare la questione e, per il momento, accontentiamoci di osservare un piccolo gruppo di persone nei pressi del parlamento italiano con in testa lo slogan “Nè destra nè sinistra” e molte bandierine italiane. La sconfortante immagine non può che far rimbalzare la memoria sugli appelli al “Giovani Comunisti Uniamoci” e alla “Ricostruzione Nazionale” di questi giorni.

Catena Umana

La critica da parte dei nazionalismi alla Comunità Europea si è negli ultimi anni focalizzata sul Trattato di Lisbona, il quale sancirebbe la totale rinuncia alla Sovranità Nazionale da parte dei singoli paesi, abbandonandoli in questo modo in balia dei poteri forti. Allo stesso modo viene indicato nel Trattato di Velsen e nella costituzione dell’Eurogendfor un inaccettabile attacco alla Sovranità Militare.

L’Eurogendfor (qui delucidata dal signoraggista Marra) offre al nazicomplottismo l’impasto necessario per raccontarci la cospirazione del New World Order e della nascita di una nuova dittatura sovranazionale delle banche (dittatura finanziaria). Immagine del mondo, più volte citata, basata sulla costruzione di invisibili stanze dei bottoni che solo un atto di fede potrà contrastare.

Catena Umana attorno al parlamento è un compost di riaffermazione della sovranità militare e nazionale italiana.
Sovranità militare nel momento in cui attacca l’Eurogendfor, millantando il pericolo di un possibile scioglimento dell’arma dei carabinieri, e suggerisce che la sua creazione sia frutto di un complotto di massonica memoria.
Sovranità nazionale nel momento in cui l’antiparlamentarismo (fenomeno anticasta) assume i connotati del qualunquismo politico (nè destra nè sinistra) unito agli indignati proclami contro il mitico 1% ritradotto in salsa NWO (i politici come magma di inutili galoppini irresponsabili al soldo dello straniero). Si tratta di una retorica che non ha certo giovato alla costruzione di una alfabetizzazione politica per le nuove generazioni, tutte pronte a contrastare le dinamiche del capitale con la costruzione di fantasmagorici o riduttivi capri espiatori.

Ci troviamo davanti all’ennesimo movimentucolo nato dall’incultura virtuale, “de panza”, sincero a tratti: sfoggia infatti un’iconografia anarcoide tratta dall’immaginario anarchico ed antitotalitario di V di Alan Moore ma promette un nuovo luddismo più incline al revanscismo nazionalista che alla vendetta popolare.

Creazione di Forza Nuova, che per il 29 settembre 2012 ha forse deciso di rinforzare con orde di ingenui la sua presenza in tutta Italia, o iniziativa di pochi balordi in malafede poco importa. Alimenta comunque quel fiume di oblio e monoteismo antitetico alla costruzione di un reale movimento politico.

La colpa, che non va certo ricercata nella critica tecnofobica al 2.0 (nonostante, ammettiamo, l’invitante prospettiva), risiede piuttosto in quello spazio vuoto lasciato ora alla retorica qualunquista: più cresce, più il pericolo di una virata reazionaria si fa vicino.

Love (basta un poco di zucchero)

Si chiama Love e si definisce onlus apolitica, apartitica ed aconfessionale esclusivamente dedita alla solidarietà sociale, la cooperazione internazionale e il rispetto delle tradizioni e dei popoli. Ad un’analisi più attenta si rivela invece essere l’ennesima fuffa bruna dal nome mieloso.
Nata nel 2011 in Svizzera, ma fondata a Venezia e con un radicamento più diffuso nel nord Italia, l’organizzazione si occupa principalmente della condizione delle minoranze serbe in territorio kossovaro nel tragico contesto del conflitto che da anni violenta quei territori.
Una delle tante questioni su cui l’ultradestra italiana, attraverso onlus e associazioni brune, costruisce campagne identitarie e nazionaliste proponendo un’idea di solidarietà “differenzialista” dove per Popoli e Tradizioni si intendono appartenenze ancestrali, un tempo biologiche, oggi spirituali e culturali, operando una riconversione del concetto di “Autodeterminazione dei Popoli”. Il progetto “Accendi la speranza” (idea ripresa direttamente da L’Uomo Libero e Casa Pound) , “Il sorriso di Jovanka” e il “Progetto H2O” (riverbero del vecchio progettoh20.org) ed il caritatevole pretesto di difendere le minoranze serbe in Kosovo e Metochia sottendono una cultura etnicista ed identitaria. Non a caso tra i soggetti con cui coopera Love (oltre a quelli istituzionali) vi sono quasi esclusivamente circoli, associazioni, onlus e movimenti di palese estrazione fascista o parafascista: La Perla NeraMazzarditaSolidarité Identités (Casa Pound); Lealtà e Azione (neonazisti legati a Forza Nuova); Associazione Culturale Italica (Forza Nuova); Ultima Frontiera (gruppo di musica RAC); L’uomo LiberoComunità GiovanileZenit (comunitaristi). Normale perciò che, fra bambini sorridenti e simpatici giovanotti, spicchino le maglie del gruppo musicale Zetazeroalfa, dei circoli Cutty Sark e di altre realtà di area. I link, i richiami e molto altro sono principalmente connessi all’insieme immaginifico fascista (dal mezzo nodo celtico di Comunità Giovanile al numero 8 de Il Nodo di Gordio fino al logo di Love, una Leben rune angelicamente reinterpretata).
Si capisce bene perchè Love nella sua comunicazione si sottolinei come un’organizzazione di volontariato che opera “secondo quanto previsto dall’art. 8 della legge n. 266/91”. Profilo legale, volto pulito, zuccheroso e inattaccabile. E la pillola va giù.

 

Se il ratto indica la luna

Segnaliamo un altro social/sito con alto potenziale comunicativo. All’interno della tragica vittoria dell’informazionismo nostrano si impongono sempre più i siti complottisti di matrice parafascista. Fra gli altri “Lo Sai?” (in quota Forza Nuova). Quelle cassandre di Umanita Nova hanno ben indicato la potenzialità di tali fenomeni: bastano 100.000 amici all’attivo per porre le basi per una divulgazione capillare del messaggio all’interno del web su quadro nazionale e alimentare nuovi micro-fenomeni di complottismo fai da te. Ringraziamo il sottile strato protettivo del digital divide ancora in grado di contenere il numero dei potenziali ritorni d’analfabetismo politco, ma il dato inquietante rimane: la coorte d’età più giovane (15 -30 anni) sta formando una cultura politica controinformativa basata sul complotto e l’insorgere, contemporaneo, di nuovi identitarismi di strada.

Noblogs

Ci siamo felicemente spostati su noblogs.org.

Confusioni tecniche permettendo procediamo come sempre di settimana in settimana. Per l’occasione abbiamo aperto la sezione ilcomplottodellescimmie (alias risatecheseppelliscono) sulla nostra pagina facebook  dove proponiamo la nostra boutade sul caso Pussy Riot.

Andiamo avanti così, facciamoci del bene!

Il pugno in pugno

Lo strano saluto del neonazi Anders Bhering Breivik, cartuccia esplosa troppo presto in Norvegia, riconduce al diffuso e rapito elemento del pugno nella simbologia politica di sinistra.
Il saluto a pugno chiuso é simbolo plastico d’intimidazione creato nel 1924 dal dadaista John Heartfield come saluto d’ordinanza che, nei movimenti della sinistra rivoluzionaria, rappresenta l’unione dei lavoratori (fragili se divisi, come le dita di una mano) in grado di spezzare l’opposto saluto fascista. Negli anni a venire sarà diffuso come formula di riconoscimento e rivendicazione di lotta degli oppressi e, se adottato anche dal Black power negli anni ’60 (il pugno chiuso a capo chino), passerà anni più tardi ad uso e consumo del White power come simbolo camuffo per l’egemonia della razza bianca. Breivik, da buon identitario, non riconoscerà mai il tributo tramite il quale omaggia il movimento dei lavoratori e degli oppressi proprio perchè, da scimmione fascista, pensa che ogni cosa sia scaturigine di un’unica Tradizione direttamente connessa al suo eterno spirito.
Breivik usa il metodo Stanislavskij: imita per confondere, ma anche imita e si confonde.  Teatrino divelto.